LA POESIA DI MARINO CURNIS:
colonna sonora di una vita

di fra’ Giovanni Spagnolo OFMCap.

La scrittrice e poetessa Cristina Campo (pseudonimo di Vittoria Maria
Angelica Marcella Cristina Guerrini), di cui ricordiamo quest’anno il
centenario della nascita avvenuta a Bologna il 29 aprile 1923, in un suo
verso colmo di nostalgia si chiede: “Quante volte / raccoglieremo la nostra
vita / nella pietà di un verso”.
Marino Curnis, “bergamasco cosmopolita, classe 1973”, come egli
stesso ama definirsi, con all’attivo una bibliografia di tutto rispetto, lo ha
sempre fatto in questo volume tripartito che ho tra le mani, dal titolo
quanto mai evocativo e intrigante: Jana. La porta del bosco, pubblicato per
LupoESoleEdizioni nel febbraio del 2023.
Di ognuna delle tre parti, in cui assembla i suoi versi, infatti, Marino
Curnis descrive l’ermeneutica per una lettura che ci conduca direttamente
ai suoi “vissuti degli ultimi anni”, ora che è sulla soglia fatidica dei
cinquant’anni, un modo per dichiarare il taglio apertamente autobiografico
che egli ha voluto dare ai suoi versi, che fanno appunto da colonna sonora
della sua esistenza, diciamo così, non propriamente facile.
Fin dai titoli del suo trittico poetico, siamo infatti condotti quasi per
mano a varcare idealmente con Marino Curnis quella che lui chiama, con
termine gallurese Jana, la porta che immette nella prima parte della sua vita
che diventa poi “la porta del bosco” della sua seconda vita, quasi da
eremita, a contatto con la natura in un paesino ai piedi delle Orobie.
La prima raccolta racchiude le “Poesie d’amore alla persona
sbagliata” che Marino descrive così: “raccolta poetica sul tema dell’amore:
agognato, vissuto, sofferto, infranto, purtroppo deluso…”, con la chiara
allusione al fallimento del suo matrimonio vissuto in Sardegna.
Nella seconda parte il poeta si concentra e narra “Il silenzio dello
scoiattolo” [raccolta poetica sul tema della natura e in particolare del bosco;
il bosco maestro di vita e mezzo catartico…”, mentre “La felicità dietro
l’angolo” vuole essere “raccolta poetica sul tema del vivere il presente, qui
ed ora, hic et nunc; l’affrancazione dopo la catarsi…”.
In questa narrazione poetica della sua vita, con le sue mille
sfaccettature, Marino Curnis ha portato dentro, in qualche modo, anche i
suoi due figli: in copertina il piccolo Battista, in una foto del febbraio 2011
che lo ritrae a Ossi, in provincia di Sassari, mentre varca una delle Domus de2
Jana (casa della strega) presenti nella necropoli S’Adde e Asile e la figlia
Nina alla quale è dedicata, nella terza raccolta, la poesia Lumeto Mia, ai suoi
occhi soprattutto, con i quali vedere il mondo in una prospettiva di gioia e
di leggerezza.
Una caratteristica della poesia di Marino Curnis è costituita, inoltre,
dalla brevità dei versi e dalla originale titolazione, messa alla fine e non
all’inizio delle varie composizioni. Si tratta, ovviamente, di scelte personali
motivate all’inizio dall’Autore a scanso di equivoci e “malgrado le
intenzioni”: “Da un punto di vista stilistico, di pari passo alle rivoluzioni della
vita, la mia poesia ha subito una sorta di lenta trasformazione e si è
indirizzata a stilemi vicini all’haiku giapponese dai quali ho tratto
recentemente piacevole lettura e compagnia per le mie giornate solitarie”.
Tra le fonti di ispirazione della sua poesia, Marino Curnis non manca
di ringraziare Rupi Kaur, giovane poetessa, scrittrice e illustratrice canadese
di origine indiana e il più maturo poeta Franco Mario Arminio che è anche
scrittore e regista e che ama definirsi “paesologo”.
Grazie alla brevità, i testi poetici di questo volume di Marino Curnis si
leggono davvero con gusto, anche per l’uso sapiente delle figure retoriche
di cui fa spesso uso, come l’ossimoro e la sinestesia, che diventano mezzi
espressivi adeguati al suo raccontarsi in versi in un registro linguistico colto.
Volendo, con stupore di sintesi, fissare alcuni versi che caratterizzano
la poesia e la vicenda esistenziale di Marino Curnis, potremmo rintracciarli
in “– entri il cielo”: “Rivive il mio essere / apro porte e finestre / Sulla mia
nuova vita / entri il cielo”.
E’ una sorta di credito alla speranza quello che il poeta bergamasco,
eremita e viaggiatore, fa con questi suoi versi alla speranza, forse qualcosa
in più di quel raccogliere la vita “nella pietà di un verso” descritto da Cristina
Campo, con cui abbiamo introdotto questa breve nota